Il cielo lattiginoso e opaco come un cellophane, lana grezza impregnata di sudore freddo. Ai giardinetti un tramestio lontano, odore prima lieve che si fa acre man mano che ti avvicini al campo fiera: la mostra zootecnica, agnelli e capre e béch, ognuno nel suo sgabbiotto. Le medaglie e i mascarésc dei migliori. Un agnello solo dietro le transenne, il belato di un agnello solo dietro le transenne che è la cosa più vera della domenica. Nubi sfilacciate e squarci di sereno. Alle due e mezza una coltre di grigiore metallico, aria puntinata di umidità, sensazione di tempo sospeso ed imminente. C’è il cielo dei giorni in cui nevica ma è chiaro che non nevicherà. Inizia la partita.

Il Grosio deve fare a meno dei tre Rinaldi: Pietro è in Bolivia e non torna fino al 2019, Davide è squalificato, Luca è squalificato. In attesa della convocazione di Sara per sfruttarne l’elevazione sui calci d’angolo in attacco schieriamo Nick e Cicala, centrocampo a quattro con Gila-Claudio-Gioele-Pane, difesa Leo-Matte-Daniele-Cian, in porta Pota. Avversaria è l’Albiatese che si presenta con una divisa rossa a bande bianche che pare un pigiama di Babbo Natale di scarsa qualità. Avversaria è l’Albiatese, che è una delle squadre più scarse viste alla Ganda negli ultimi tre anni: imprecisi, ingenui, lenti. E ciononostante dopo venti minuti ci fanno gol: stiamo attaccando con la linea di difesa a centrocampo, e loro ci rubano palla, e come spesso succede aspettiamo troppo a scappare indietro, e loro la giocano profonda all’ala sinistra che si invola e mette in mezzo al centravanti, che segna facile; dalla tribuna l’ala sembrava in fuorigioco di un bel po’, ma c’è chi era a bordocampo e smentisce. Noi siamo impauriti e frenetici, soffriamo la pressione dello scontro diretto e le assenze pesanti; ma costruiamo due occasioni pulite: prima un cross che arriva alto all’area piccola, e il portiere va a farfalle e Daniele no, ma colpisce di testa poco fuori; poi Gila entra in area da sinistra, punta l’uomo e si apre lo spazio per tirare sul primo palo, e tira alto di poco. A fine primo tempo il loro portiere si scontra con qualcuno e resta a terra: è caduto molto male, e sarà sostituito.

Sulle tribune ci sono sette stronzi (proprio sette, li abbiamo contati) con bandiere biancorosse e fumogeni e striscioni che cantano dall’inizio alla fine. (attenzione, che la parola stronzo è qui usata nell’accezione bonaria che potrebbero usare due amici maschi, due amici che si salutano dicendo “Quanto tempo, ma dov’eri finito, stronzo?”. Niente di offensivo, ecco.) A un certo punto cantano un coro che fa: “La madre di mia madre è mia nonna / Il padre di mio padre è mio nonno / La zia di mia zia non so chi cazzo sia–“…noi non riusciamo a sentire come finisce, e sarà il più grande rimpianto della giornata.

Inizia il secondo tempo e loro hanno cambiato portiere per l’infortunio di cui sopra, e se già il titolare non sembrava un fuoriclasse è legittimo attendersi che la riserva sia perforabile. Passa pochissimo, forse due minuti, che Gila rientra da sinistra con una buona percussione, non tira ma appoggia su Nick, che non tira ma appoggia su Gioele, che tira un piattone alto ad effetto con cui inganna il portiere, che dobbiamo dire conferma le aspettative di cui sopra. Siamo 1-1 e l’inerzia è dalla nostra parte, ma non abbiamo in campo gli uomini né l’esperienza per organizzare un assedio. Ci mettiamo l’anima, però, sia nelle coperture difensive con annessi recuperi all’ultimo centimetro, sia nei tentativi di assalto, ma manca lucidità: molte volte ci troviamo al limite dell’area con un buon angolo di tiro e non tiriamo mai, e sì che il portiere ha ampiamente dimostrato di non essere un fulmine di guerra. Mister Polattini mette in campo chi può per provare a girare la partita, e quasi ce la facciamo: prima Fabio Cimetti azzanna una palla in mischia e centra il portiere e potrebbe segnare sulla respinta ma spara alto, poi su un cross da punizione Samuele Caspani devia di testa a un centimetro dal palo. Sì, avete letto bene: Samuele Caspani, esordiente in prima squadra a 16 anni, la cosa più bella della giornata. La cosa più bella della giornata, perché nonostante l’innegabile volontà e impegno non riusciamo a sfondare e finisce in parità.

Finisce la partita e si avvia la processione di macchine che dalla Ganda vanno a casa. Via Roma si rabbuia nella precoce sera invernale, percorsa da alcuni passanti in favore di luminaria. Le montagne scoloriscono sotto un cielo grigio sporco, è la foto dei Caran d’Aches in controluce, su una scatola arrugginita. Non si è vinto un incontro alla portata, ma abbiamo evitato il sorpasso di una diretta concorrente recuperando una partita storta con la squadra a pezzi. Prendiamoci il buono, che c’è.

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