Titolava “Il Mattino” di Napoli il 26 novembre 1980, tre giorni dopo il terremoto dell’Irpinia. Due parole secche a gridare l’urgenza del soccorso, mentre uomini, donne e bambini respiravano sotto le macerie, chissà per quanto tempo ancora.
Alla Ganda arriva la Besana Fortitudo, squadra che ricordiamo tra le più scarse del girone d’andata e nondimeno ci inflisse un brutale 2-0. Noi ci schieriamo col 4-4-2: in porta Lele, dietro Alessio-Dany-King-Leo, a metà Pane-Mare-Samuele-Cesco, davanti Nick e Python. La loro maglietta ricorda la grafica del Fossombrone griffato Bikkembergs, ma i colori sono cupi, e il back sponsor è un parrucchiere (Marko Hairstylist: lo riportiamo per dovere di cronaca, non ci paga la pubblicità). Il nostro primo tempo è ondivago, siamo ogni tanto distratti e ogni tanto volitivi, giochiamo male ma loro sono davvero poca cosa e meriteremmo il vantaggio. Abbiamo una grossa occasione con Pane che entrato in area conclude a lato, e un paio di tiri da fuori audaci neutralizzati da un portiere dignitoso; loro combinano quasi niente, l’unica occasione è ben disinnescata da Lele che esce coraggioso e preciso sull’attaccante in area. L’arbitro fischia.
Il Sole 24 Ore ripropose il titolo “Fate presto” decenni dopo, novembre 2011, nel bel mezzo della crisi che avrebbe portato al governo Monti. Usò parole impresse nella memoria degli italiani come sinonimo di emergenza, soccorso a bambini in pericolo, solidarietà a povera gente. Le usò per invocare con urgenza un governo gradito al grande capitale internazionale.
Il secondo tempo inizia sulla falsariga del primo: noi facciamo poco altro che lanciare lungo o passarla a Cesco sperando che inventi qualcosa, grandissime occasioni non ne vengono, loro sono abbastanza scarsi e non creano pericoli. Almeno finché non vanno in vantaggio con un gol surreale, intorno al quarto d’ora: l’ala sinistra è ai venti metri e rientra sul piede destro, rientra del tutto indisturbato perché il terzino non segue, i centrali di difesa non escono, i centrali di centrocampo non aggrediscono, e lui spara un tiro modesto e centrale che però inganna Lele e si insacca sotto la traversa. Siamo sotto, entra Gilardi a fare il terzino per schierare tutto il potenziale offensivo mantenendo equilibrio, ma idee ne mettiamo in campo poche. Fino a quando Cesco intorno al venticinquesimo fa la magia: parte dalla nostra metacampo verso la difesa scoperta, si sente nitidamente uno dei loro che comanda “Fai fallo”: il primo gli dà un calcio ma non lo butta giù, il secondo gli dà un calcio ma non lo butta giù, il terzo gli dà un calcio ma non lo butta giù, Cesco entra in area e ha ancora la lucidità di vedere Pane e servirlo con precisione: Pane insacca e siamo pari. Ci sarebbe il tempo per muovere la palla con tranquillità, cercando pazientemente varchi che la malconcia difesa avversaria sicuramente concederebbe: ma sembra che abbiamo dimenticato come si fa, siamo come rassegnati alla scelta mediocre e timorosa del lancio lungo. Lanciamo in continuazione, loro sono tanto malmessi che comunque le seconde palle diventano pericolose…ma non costruiamo le occasioni che la sproporzione tecnica ed emotiva giustificherebbe, né in quantità né in qualità. A poco dalla fine siamo ancora pari, e uno di loro è talmente goffo da spostarsi la palla col braccio in area di rigore, senza nessuna pressione. Ma nella domenica in cui un tocco di petto sarà ritenuto tocco di braccio contro ogni evidenza, un tocco di braccio è ritenuto qualcos’altro e l’arbitro non fischia. Così si prosegue, e nel recupero abbiamo l’occasionissima-libera-tutti: Pane scatta dietro la difesa e viene servito, forse è in fuorigioco ma comunque l’arbitro non si azzarda a fischiare; Pane è a tu per tu col portiere ma mentre avanza la palla “gli resta sotto”, il tiro esce lento e rasoterra, il portiere salta ma anche a lui “gli resta sotto”, nel senso che sembra proprio fermarla col culo, dove c’è la pubblicità del parrucchiere. Finisce 1-1.
Qui non si parla di vite da salvare né di tumulti finanziari internazionali. Solo una sofferenza di novanta minuti alla domenica e qualche incazzatura in settimana. Ma non c’è tempo da perdere: la classifica è pessima, e le ultime giornate regaleranno punti alle squadre di fondo classifica un po’ sgamate (cioè tutti tranne noi). Siamo molto meglio di quanto si è visto nelle ultime domeniche, ma c’è da tirarlo fuori quel meglio, scrollarsi di dosso la rassegnazione e mettere nei piedi qualcosa di più coraggioso dei lanci lunghi. Fate presto, Grosio, che durante quei novanta minuti per noi non c’è niente di più importante.
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