Secondo il calendario di Frate Indovino, domenica 27 gennaio il sole sorge alle 7.38 e tramonta alle 17.18. Forse in Paradiso. Grosio è un inferno freddo, il sole una fitta di disperazione sotto il cielo livido, nella luce che cala già a metà mattina. Sembra un film apocalittico, il mondo un posto fermo e cupo in cui esistono solo la notte e le ore che precedono la notte. Il grigiore umido farebbe sperare nella neve, ma Google non ne mette, lo svizzero non ne mette, il Colonnello Furia è morto. Non c’è di che essere ottimisti.
Al Comunale arriva la Chiavennese con le maglie dell’Adidas blu come gli omini del calcetto (quelli blu, ovviamente), mentre le nostre ricordano il vino rosso (o saranno le facce di chi le indossa?). Loro si schierano con una sorta di 4-4-2 che vira al 4-2-3-1, con una punta che si abbassa, due ali che si alzano, un centravanti che svaria e a volte scambia posizione con le ali. Noi, complice il rientro di Python, torniamo al 4-4-2: in porta Pota, dietro Matte-Dany-King-Roby, sulle ali Pane e Cesco, mediana biblica con Gioele e Samuele, in attacco Python (appunto) e Nick. Il primo tempo è equilibrato: la prima occasione è degli ospiti, con un colpo di testa che Pota smanaccia sopra la traversa; ospiti che a un certo punto colpiscono il palo su una punizione battuta sopra la barriera. Noi ci facciamo vedere avanti, anche bene, ma spesso sbagliamo scelta: Pane perde due-tre volte il tempo del passaggio in area intestardendosi nel dribbling, Python si lascia tentare dalla cannonata da lontano anziché servire Pane stesso su un contropiede che prometteva molto bene. Abbiamo comunque le nostre occasioni: Python che incorna un cross di Roby all’area piccola, ma il portiere ospite fa il miracolo; un attacco alla profondità di Cesco che entra in area sulla destra, solo davanti al portiere, ma calcia incrociato a lato; un gol di testa di Daniele su calcio di punizione che l’arbitro annulla per fuorigioco, e chissà se ha visto giusto. Fine primo tempo.
Sempre dal calendario di Frate Indovino, scopriamo che domenica 27 gennaio si festeggia Santa Devota, torturata e uccisa in Corsica nel 304 d.C.: vero è che la Corsica è un posto violento, ma a quei tempi i cristiani li ammazzavano dappertutto. Dietro Santa Devota ci sono i dimenticati del Paradiso, che si festeggiano il 27 gennaio senza che nessuno lo sappia: Sant’Enrico de Ossό y Cervellό, pedagogo cristiano soprannominato “Il catechista geniale” un secolo prima che Elena Ferrante scrivesse “L’amica geniale” (capito, Elena?). San Gilduino, umile diacono che rifiutò la chiamata a vescovo sentendosi giovane e inesperto e incorse nelle ire del padre, e prima di tornare da lui si fermò spaventato dalla famiglia materna, prese la febbre e ne morì (con il disincanto cinico del 2019 vengono dei dubbi sulla vera causa della morte, ma insomma nell’XI secolo si moriva anche di febbre). San Giovanni Maria detto Muzei, servitore di Mwanga, re ugandese drogato, alcolizzato, capriccioso e squilibrato, cui Muzei ha la pessima idea di rivelare la propria fede. San Giuliano venerato a Sora e Atina, che giocava seconda punta nel Vicenza di Pasquale Luiso l’anno in cui nelle figurine delle cicche mancavano Volpi e Poggi. San Giuliano di Le Mans, che alle virtù cristiane dell’omonimo collega univa una passione sfrenata per l’automobilismo. San Marino di Bodon, che previde in sogno la distruzione del proprio monastero da parte dei Barbari, ma disgraziatamente ai tempi William Hill non quotava le distruzioni dei monasteri. San Teodorico di Orléans e Santa Elvira di Ohren, di cui praticamente si sa solo il luogo di origine. San Vitaliano Papa, che pare non aver avuto altro merito ch’esser stato papa.
Al Comunale scende qualche minuscolo fiocco di neve, che fa appena in tempo a brillare prima di sciogliersi nell’intaso del sintetico.
Inizia il secondo tempo, e da subito è di marca granata. Dopo cinque minuti Nick ci porta avanti su rigore, da lui stesso guadagnato cadendo su una spinta/contatto lieve/braccio appoggiato del difensore: diciamo che non sembra nettissimo. Aleggia il vento della compensazione: verso il decimo uno di loro sta correndo verso l’interno dell’area corpo a corpo con un nostro, al momento propizio si lascia cadere e l’arbitro fischia solerte. Rigore trasformato e parità. Ma giochiamo quasi solo noi: Pane è in due occasioni solo davanti al portiere ma non essendo un bomber calcia a mezz’altezza anziché rasoterra, e il portiere para; Nick su punizione trova Daniele tutto solo sul secondo palo, Daniele calcia in mezza rovesciata ma va alto; Cesco sulla sinistra fa impazzire tutti, e una volta crossa e sulla traiettoria c’è Nick che fa il velo e la palla entra, ma l’arbitro gli fischia fuorigioco, e chissà se ha visto giusto. Loro fanno poco altro che lanciare lunghissimo e spesso direttamente dal portiere, ma non ne cavano nulla. Anche perché noi riusciamo ad attaccare senza scoprirci, e questo probabilmente ha a che fare con la capacità aerobica e la disciplina di Gioele e Samuele, ottimi in entrambe le fasi. La partita si fa tesa, un po’ si surriscalda ma siamo tutti brava gente e non succede niente di che, finché l’arbitro fischia e finisce 1-1.
Alla fine nevica, in barba a Google Maps e Meteosvizzera. Nel caldo di casa scorriamo Tuttocampo sullo smartphone, ed è allo stesso tempo un sollievo e un rimpianto, perché dietro han perso quasi tutte. Aspettando l’Inter diamo un’occhiata a Sky Sport 24: parlano di Sofia Goggia, che si è rotta il malleolo due mesi fa e al rientro ha fatto due secondi posti in due gare; parlano di Rafa Nadal, che ha combattuto senza posa contro un Djokovic ingiocabile, denti stretti e un Vamos! ogni tanto mentre dalla rete arrivano solo cannonate. Ha perso in tre set, netto, brutale. Ma tra qualche mese va al Roland Garros. Noi domenica prossima andiamo a Cosio, i denti stretti e una voglia matta di gridare Vamos!
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