Nelle domeniche di inizio novembre, la Valtellina è una pellicola che scorre oltre il finestrino e nello specchietto retrovisore. La Statale 38 è il nastro che trasporta furgoni sportivi verso l’evento della settimana, o li riporta a casa; automobili in marcia regolare paiono tutte dirette verso qualche ritrovo di festa o di famiglia: il pranzo della domenica dai nonni, la camminata dell’Oratorio nel paese vicino.
Il sole coccola il guidatore ed esalta l’autunno: le vigne sotto la Torre della Sassella paiono colorate da un bambino delle elementari, gialle e verdi sul tappeto marroncino dei terrazzamenti. Un cane da pastore corre ondeggiando il pelo bianco e lungo tra i filari, sovrastato dalla bandiera gialla e verde della Coldiretti. L’altro versante della valle è in ombra, avvolto dalla foschia azzurrognola che copre le montagne al tramonto e nelle foto dei calendari. Ma quando scendi dalla macchina l’aria sa di gasolio e di MacDonalds, e l’incanto si vena delle prime crepe, riflesse nel cemento rovinato del parcheggio del Roadhouse. Dentro il locale ci sono decine di persone, fuori decine di macchine e due mucche: sono maculate, vigorose, e di plastica.
Si torna in strada, e la Valtellina scompare una volta imboccate le gallerie: tunnel, luci, velocità, sembra di avere in mano il joystick e percorrere uno dei circuiti di Gran Turismo alla Playstation. A Lecco torna il mondo ed è in penombra: è cupo, è come sarebbe l’inferno se fosse freddo e umido. Il cielo è una cappa di piombo sotto cui nebbie immobili paiono minacciare pioggia da due secoli, e al campo sportivo di Civate non si riesce a parcheggiare. C’è posto solo lì vicino, al cimitero.
Il primo tempo di Civate-Grosio è uno strazio: il campo è pessimo, le squadre sono aggressive, e praticamente nessuno tira in porta. Noi ci schieriamo a 4-2-3-1, in porta Pota, dietro da destra a sinistra Matteo-King-Jeky-Roby, in mediana Claudio e Wolly, trequartista Mare e centravanti Cesco, sulle fasce Fabio Micelin e Niccolò. Un po’ il fondo, un po’ la pressione dei padroni di casa, non creiamo un’occasione né riusciamo a costruire gioco. Anziché scendere e prendere per mano la squadra, Mare vaga a cercar fortuna sulla trequarti: ma fortuna non ce n’è, solo zolle e difensori e tempi stretti. Piergy cambia e ricambia posizione ai tre davanti cercando di smuovere la situazione, ma non c’è verso. D’altro canto non rischiamo nulla: il centravanti ci aiuta non attaccando mai la profondità, e l’unico abbozzo di manovra offensiva è il lancio all’ala destra – ma Roby è bravissimo a regger sempre l’urto. Al fischio dell’arbitro è 0-0 ed elettrocardiogramma piatto.
Ma al rientro in campo inizia a battere il cuore del Grosio. Il defibrillatore lo porta Pane, che insieme a Cesco sembra di vedere i gemelli Derrick di Holly e Benji: appena hanno spazio per combinare mettono in crisi i difensori e sfondano l’area. E proprio su quell’asse arriva il vantaggio: Pane riceve il pallone sulla trequarti destra, rientra e serve sull’esterno Cesco, che la prende in area e non ci pensa e tira forte sul primo palo e il portiere la manca ed è gol. Poco dopo i soliti due sfiorano il raddoppio con una bellissima giocata: Pane fa velo per Cesco, Cesco la dà alla cieca a Pane, Pane incrocia sul secondo palo; la palla va fuori, a testimonianza che non esiste un Dio del calcio, e se esiste è ingiusto. La partita diviene gradualmente più cattiva – anche per via di un arbitro troppo avaro di cartellini – e Fabio Micelin rischia quando spinge via l’avversario che lo aveva spinto sulla rete. E’ solo giallo, ma i locali iniziano a beccare il nostro chiedendo a più riprese il rosso quando salta a braccia larghe: vedono malizia e gomitate laddove c’è solo un airone che sta cercando di volare. L’arbitro non abbocca e si continua in undici, e si continua col Civate che si getta avanti: sono generosi ma inconcludenti, un po’ per limiti propri, un po’ per meriti nostri. E così finisce 1 a 0, e ci incamminiamo soddisfatti pensando che queste partite le dominavamo anche l’anno scorso ma senza controllarle, e alla fine si tornava scornati e senza punti: abbiamo fatto un salto, non c’è dubbio.
Riprendiamo le gallerie in senso inverso ed è soltanto a Colico che la rete telefonica e il traffico sui server ci permettono di guardare la classifica: siamo in zona playoff, e siamo quelli che hanno fatto più punti in trasferta, e siamo tra le ultime per punti fatti in casa. Ci chiediamo come mai, e una parte della risposta è che in casa abbiamo giocato contro le corazzate, ma c’è altro: viene in mente quel che dicono del pubblico di San Siro, che è meraviglioso ma esigente, e al primo sbaglio borbotta e ti mette nel mirino e ti fa andare nel pallone. Ecco, alla Ganda è uguale, e bisogna cambiare: con pregi e difetti, in campo scendono i nostri ragazzi e lo fanno con impegno, e vanno sostenuti.
La Valtellina è buia, il panorama del mattino è scomparso dietro un’oscurità gelida attraversata da raffiche di vento fradicio. Arrivati all’uscita di Grosio guardiamo un’altra volta la classifica, e poi alziamo gli occhi. I castelli si stagliano nella notte illuminati da enormi torce elettriche, ai loro piedi la luce ambrata e industriale della centrale. Siamo a casa.
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